domenica 27 maggio 2012

Un'idea diversa



Maurizio Landini parla chiaro: l'Italia ha una precarietà altissima ed investimenti molto bassi. Inoltre non ha materie prime. Cosa succederà in un mercato in cui ha vinto la finanza e non si è costruito nulla? E adesso, con un livello di corruzione senza precedenti, si attacca l'art. 18.

L'Alba Dorata della Grecia



Alle ultime elezioni politiche in Grecia il partito di estrema destra "Alba Dorata" ha raccolto un grande consenso popolare, raggiungendo il 7% dei voti. Quali sono i punti del loro programma? Il leader del movimento, Theodoros Koudounas, lo racconta a Giulia Innocenzi.

lunedì 21 maggio 2012

NASDAQ

Il termine sta per National association of security dealers active quotation. E' il famoso mercato americano in cui sono quotate le società tecnologiche come Google, Yahoo, Microsoft ecc. E' il nuovo mercato che si è affiancato a quello classico, rappresentato dalla NYSE , la Borsa di New York. L'andamento del Nasdaq è caratterizzato da una grande volatilità cioè da rialzi e cadute notevoli.

INTERVENTO SHOCK DI MONTI



Figlio del gruppo bildberg.

CENSURATO DA TUTTE LE TV ITALIANE ! CONDIVIDERE è UN DOVERE!

sabato 19 maggio 2012

I Pigs non allettano la Norvegia

Durante il primo trimestre del 2012, il Fondo sovrano scandinavo ha venduto tutti i titoli di debito portoghesi e irlandesi ospitati nel suo portafoglio. Preferiti i Treasury e i bond emessi da alcuni paesi emergenti

Il Brasile domina la scena


Nella classifica stilata annualmente da Forbes per mettere in fila le duemila aziende più importanti in base ai dati relativi a vendite, utili, assets e capitalizzazione di Borsa, trovano posto trentatré società brasiliane, sedici messicane, nove cilene, sei colombiane, due argentine, due peruviane, una venezuelana e una panamense. In testa alla classifica delle aziende latinoamericane irrompe una società mista (a capitale privato e pubblico): il colosso petrolifero brasiliano Petrobras, che fattura 145.900 milioni di Usd all'anno, guadagna 20.100 mln, detiene assets per 319.400 mln e ha una capitalizzazione di 180.000 mln. Questi numeri permettono al gigante brasiliano dell'energia di occupare la decima posizione a livello mondiale dopo Exxon Mobil, JP Morgan Chase, General Electric, Royal Dutch Shell, la banca cinese ICBC, HSBC, PetroChina, Berkshire Hathaway e Wells Fargo.

Il bollettino di guerra



Secondo Tommaso Cacciari non si può parlare di crisi senza citare banche e speculazioni finanziarie. "In questo Paese si legge la quotidianeità come un bollettino di guerra", ma quali sono le giuste politiche di sostegno al reddito?

La Grecia trucca il bilancio



La crisi greca, i bilanci truccati e la concreta possibilità che la penisola ellenica esca dall'euro. ma cosa succederà? Come si relazioneranno i tedeschi con questa scelta? Ed intanto Monti a settembre diceva che "la Grecia è l'esempio del grande successo dell'euro".

venerdì 18 maggio 2012

La storia di Tiziana Marrone



Tiziana Marrone è la moglie di Giuseppe Campaniello, l'artigiano che il 28 Marzo scorso si è dato fuoco davanti alla sede dell'Agenzia delle Entrate di Ozzano, in provincia di Bologna. Giuseppe è morto nove giorni dopo. Alla moglie non aveva mai detto dei problemi economici e delle difficoltà monetarie che l'hanno portato a compiere quel gesto.

La copertina - puntata 23 - Servizio Pubblico



In che modo l'Imu, la nuova tassa sugli immobili pensata dal governo Monti, influirà sulla vita degli italiani? Il Presidente del Consiglio attribuisce la responsabilità dell'attuale condizione economica del Paese alla politica dei suoi predecessori.

Sprechi a non finire



L'attenta analisi di Giacomo Vaciago sulle reali possibilità di acquisto e la necessità di operare tagli mirati e dove strettamente necessari. nell'ottica di una crescita strutturale, allontanata dal populismo e dalle facili affermazioni di costume.

Intervista a Le Pen

Tasse, mutui e follia sociale

mercoledì 9 maggio 2012

Avanzamento spread



L’allargamento degli spread nei confronti della Germania è dovuto a molteplici cause che risiedono sia nell’intervento di speculatori e sia nella sfiducia di altri investitori di lungo periodo sulla capacità dell’Italia di effettuare interventi duraturi ed incisivi sul debito pubblico. Lo spread quindi potrebbe ridursi grazie a sostenibili politiche fiscali e di riduzione della spesa pubblica al fine di tener sotto controllo l’indebitamento dello Stato riportando la fiducia degli investitori( mercati finanziari ) sull’Italia.

mercoledì 2 maggio 2012

Crisi finanziaria come uscirne

Tagli sulla spesa pubblica a fronte del debito pubblico con una buona crescita economica di un paese : + Pil - costi = + entrate. Da decenni che l’Italia non cresce economicamente.
Una buona riduzione della pressione fiscale, aiuterebbe i consumi, ed un assegno welfare per tutte quelle famiglie disagiate che non hanno diritto agli ammortizzatori sociali, = crescita economica
Il risparmio forzato delle famiglie del precariato non aiuta la crescita, = futuro incerto.
Contrastare l’evasione fiscale, con una componente cioè abbassare la pressione fiscale nei parametri morali, e sarebbe ; se un cittadino con un buon reddito ( scala mobile ) salariale, si trovano con un potere d’acquisto maggiore, lo stato potrebbe esercitare una pressione fiscale in maniera morale, quindi tutti pagheremmo le nostre tasse di nostra competenza
I paesi virtuosi quali: piccole economie, svizzera, olanda, australia, canada, paesi con i bilanci economici in regola, finanziare quei paesi con un maggiore deficit/debito
Tagli alle spese militari e rientro delle missioni di guerra in Libia ed in Afghanistan.
Abolizione di tutte le spese parlamentari in assenza di un periodo di contribuzione pari a quello di tutti i cittadini
Abolizione immediata dei finanziamenti pubblici ai partiti a partire da subito.
Abolizione dei finanziamenti diretti ed indiretti ai giornali con effetto retroattivo.
Regolarizzare con lo scudo fiscale la contribuzione del 60% dei capitali rientranti.
Abolizione di tutte le provincie.
Riduzione del 50% dei parlamentari.
Riduzione dei costi della politica. Es: 30 aerei + 2 elicotteri super pari nel 2010 a un totale di 8500 ore di volo.
No al clientelismo, più alla meritocrazia. Es: La Santanche ha chiesto l’intervento di Bisignani per la poltrona da sottosegretario.
Abolizione delle doppie e triple pensioni.
Tetto massimo per ogni pensione di 4.000 euro al mese.
Cancellazione delle grandi opere pubbliche ( Tav, Ponte di Messina, Gronda Genova ecc. Privatizzazione di enti pubblici surplus.
Eliminazione delle authority e degli stipendi dei trombati della politica lì collocati.
Eliminazione degli enti inutili, associazioni, fondazioni.
Tassare le rendite finanziare.
Tassare i grossi patrimoni in maniera equa.
Riduzione iva al 5%
TSE

Macché debito: Usciamo dall’euro e dal dogma tedesco


«Rimuoviamo l’euro, e l’Italia avrà meno bisogno dei mercati, mentre i mercati continueranno ad avere bisogno dei 60 milioni di consumatori italiani». Lo affermo, secondo il quale l’uscita dalla moneta unica europea è l’unica soluzione per superare la crisi del debito addossata allo Stato, che non può più utilizzare la leva della svalutazione. A guadagnarci è solo Berlino: «La domanda dei paesi europei, drogata dal cambio fisso, sostiene la crescita tedesca: e la Germania non rinuncerà a un’asimmetria sulla quale si sta ingrassando». Se il cambio è fisso, il peso dell’aggiustamento si scarica sui prezzi, che possono diminuire solo tagliando i salari e spremendo i lavoratori: quali risultano essere costi aziendali «Precarietà e riduzioni dei salari sono dietro l’angolo, la sinistra che vuole l’euro ma non vuole Marchionne mi fa un po’ pena».

«Sgomenta l’unanimità con la quale destra e sinistra continuano a concentrarsi sul debito pubblico». «Che lo faccia la destra non è strano: il contrattacco ideologico all’intervento dello Stato nell’economia è il fulcro della “controriforma” seguita al crollo del Muro». Eppure, «nessun economista ha mai asserito, prima del trattato di Maastricht, ( quale patto di stabilità ) che la sostenibilità di un’unione monetaria richieda il rispetto di soglie sul debito pubblico». Il dibattito sulla “convergenza fiscale” è nato dopo Maastricht : A riprova che soglie sono «insensate» e che Maastricht «è un manifesto ideologico: meno Stato (ergo più mercato)». Ma perché, a sinistra, nessuno mette in discussione questo dogma?
Se il problema fosse il debito pubblico, dal 2008 la crisi avrebbe colpito prima la Grecia (debito al 110% del Pil), e poi Italia (106%), Belgio (89%), Francia (67%) e Germania (66%). Gli altri paesi dell’eurozona avevano debiti pubblici inferiori. La crisi, invece, è esplosa prima in Irlanda (debito pubblico al 44% del Pil), Spagna (40%), Portogallo (65%), e solo dopo Grecia e Italia. Cosa accomuna questi paesi? «Non il debito pubblico (minimo nei primi paesi colpiti, altissimo negli ultimi), ma l’inflazione: già nel 2006 la Bce indicava che in Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna l’inflazione non stava convergendo verso quella dei paesi “virtuosi”», cioè Germania, Francia e Belgio. «Questo sì che era un problema: gli economisti sanno da tempo che tassi di inflazione non uniformi in un’unione monetaria conducono a crisi di debito estero, prevalentemente privato».
Se in un paese i prezzi crescono più in fretta che nei suoi partner, quel paese esporta sempre meno e importa sempre più, mandando in deficit la bilancia dei pagamenti ( Bilancia commerciale ). La valuta necessaria per acquistare i beni è meno richiesta e il suo prezzo scende, cioè il paese svaluta: in questo modo i suoi beni ridiventano convenienti e lo squilibrio si allevia. Effetti uguali e contrari si producono nei paesi in surplus, la cui valuta diventa scarsa e si apprezza. Ma se il paese è legato ai suoi partner da un’unione monetaria, il prezzo della valuta non può ristabilire l’equilibrio esterno, e quindi le soluzioni sono due: o il paese deflaziona, o i suoi partner in surplus inflazionano.
Nella visione keynesiana, i due meccanismi sono complementari: ci si deve venire incontro, perché surplus e deficit sono due facce della stessa medaglia (non puoi essere in surplus se nessuno è in deficit). Ai tagli nel paese in deficit deve accompagnarsi un’espansione della domanda nei paesi in surplus. Ma la visione prevalente è asimmetrica: l’unica inflazione buona è quella nulla, i paesi in surplus sono “buoni”, e sono invece i “cattivi”, quelli in deficit, a dover deflazionare, convergendo verso i buoni. E se non ci riescono? Le entrate da esportazioni diminuiscono e ci si deve indebitare con l’estero per finanziare le proprie importazioni. I paesi a inflazione più alta sono anche quelli che hanno accumulato più debito estero dal 1999 al 2007: Grecia (+78 punti di Pil), Portogallo (+67), Irlanda (+65) e Spagna (+62). Con il debito crescono gli interessi, e si entra nella spirale: ci si indebita con l’estero per pagare gli interessi all’estero, aumenta lo spread e scatta la crisi.
«Pensate veramente che ai mercati interessi con chi va a letto Berlusconi?», «Pensate che si preoccupino perché il debito pubblico è “alto”? Ma il nostro debito pubblico è sopra il 100% da 20 anni, e i nostri governi, anche se meno folcloristici, sono stati spesso più instabili». Non è questo che preoccupa i mercati, : «Quello che li preoccupa è che oggi, come nel 1992, il nostro indebitamento con l’estero sta aumentando, e che questo aumento, come nel 1992, è guidato dall’aumento dei pagamenti di interessi sul debito estero, che è in massima parte debito privato, contratto da famiglie e imprese (il 65% delle passività sull’estero dell’Italia sono di origine privata)».
Risultato: chi non deflaziona accumula debito estero, fino alla crisi, in seguito alla quale lo Stato, per evitare il collasso delle banche, si accolla i debiti dovuti agli squilibri esterni, trasformandoli in debiti pubblici. «Alla privatizzazione dei profitti segue la socializzazione delle perdite, con il vantaggio di poter incolpare a posteriori i bilanci pubblici». Una scelta, che è frutto della «ottusità ideologica» di chi si concentra sul sintomo (lo squilibrio pubblico, che può essere corretto solo tagliando), anziché sulla causa (lo squilibrio esterno, che potrebbe essere corretto cooperando). Il fatto è che i “buoni” non volevano affatto cooperare: «Lo scopo che si voleva raggiungere, cioè la “disciplina” dei lavoratori, è stato raggiunto».
Per capire perché l’Europa non funziona, basta guardare – in piccolo – all’Italia, nata anch’essa dall’unione di entità separate: «Festeggiamo quest’anno il 150° anniversario dell’unione monetaria, fiscale e politica del nostro paese. “Più Italia” l’abbiamo avuta, non vi pare? Ma 150 anni dopo la convergenza dei prezzi fra le varie regioni non è completa, e il Sud ha un indebitamento estero strutturale superiore al 15% del proprio Pil, cioè sopravvive importando capitali dal resto del mondo (ma in effetti dal resto d’Italia)». «Dopo cinquant’anni di integrazione fiscale nell’Italia (monetariamente) unita abbiamo le camicie verdi in Padania: Basterebbero dieci anni di integrazione fiscale nell’area euro, magari a colpi di Eurobond, per riavere le camicie brune in Germania».
L’integrazione fiscale non è politicamente sostenibile, perché «nessuno vuole pagare per gli altri, soprattutto quando i media, schiavi dell’asimmetria ideologica, bombardano con il messaggio che gli altri sono pigri, poco produttivi, che “è colpa loro”. Siano greci, turchi, o ebrei, sappiamo come va a finire quando la colpa è degli altri». Per di più siamo sostalzialmente paralizzati dall’euro, che è l’esito di due processi storici, che sono «il contrattacco del capitale» per recuperare l’arretramento determinato dal new deal post-bellico», e anche «la lotta secolare della Germania per dotarsi di un mercato di sbocco». A destra come a sinistra, «ci si estasia per il successo della “locomotiva” d’Europa», sostenendo che cresca intercettando la domanda dei paesi emergenti, ma i dati smentiscono i fan della Germania: dal 1999 al 2007 il surplus tedesco è aumentato di 239 miliardi di dollari, di cui 156 realizzati in Europa, mentre il saldo commerciale verso la Cina è peggiorato di 20 miliardi.
I giornali dicono che la Germania esporta in Oriente e così facendo ci sostiene con la sua crescita? Peccato che i dati dicano il contrario. «Ma perché i governi “periferici” si sono fatti abbindolare dalla Germania?». Forse perché la moneta unica favorisce una “illusione della politica economica” che «permette ai governi di perseguire obiettivi politicamente improponibili, cavandosela col dire che sono imposti da istanze sopraordinate». Per questo, «non è strano che un sistema a guida tedesca sia retto dal principio di Goebbels: basta ripetere abbastanza una bugia perché diventi una verità». Esempio: effimeri i vantaggi dell’infazione? Falso: dopo il ’92, l’Italia galoppò a una media del 2% fino al 2001. Cioè al fatidico ingresso nell’euro.
«Certo, la svalutazione renderebbe più oneroso il debito definito in valuta estera», ma in compenso «porterebbe da una situazione di indebitamento estero a una di accreditamento estero, producendo risorse sufficienti a ripagare i debiti, come nel 1992». Infine, rimarrebbe la possibilità del default. «Prodi vuol far sostenere una parte del conto ai “grossi investitori istituzionali”? Bene: il modo più diretto per farlo non è emettere Eurobond “socializzando” le perdite a beneficio della Germania (col rischio camicie brune), ma dichiarare, se sarà necessario, il default, come hanno già fatto tanti paesi che non sono stati cancellati dalla geografia economica per questo. È già successo e succederà».
“I mercati ci puniranno, finiremo stritolati!”. «Altra idiozia». «Per decenni l’Italia è cresciuta senza ricorrere al risparmio estero. È l’euro che, stritolando i redditi e quindi i risparmi delle famiglie, ha costretto il paese a indebitarsi con l’estero. Il risparmio nazionale lordo, stabile attorno al 21% dal 1980 al 1999, è sceso costantemente da allora fino a toccare il 16% del reddito. Nello stesso periodo le passività finanziarie delle famiglie sono raddoppiate, dal 40% all’80%». E allora? Prima o poi dall’euro usciremo, «perché alla fine la Germania segherà il ramo su cui è seduta». Ma nel frattempo, se continua a «fare ciò che fa la destra», la sinistra italiana ed europea sarà completamente distrutta.
«Berlusconi se ne andrà: dieci anni di euro hanno creato tensioni tali per cui la macelleria sociale deve ora lavorare a pieno regime. E gli schizzi di sangue – stonano meno sul grembiule rosso». E spiega: «Sarà ancora una volta concesso alla sinistra della Realpolitik di gestire la situazione, perché esiste un’altra illusione della politica economica, quella che rende più accettabili politiche di destra se chi le attua dice di essere di sinistra». Ad annaspare di più, sono proprio i politici di sinistra, «stretti fra la necessità di ossequiare la finanza e quella di giustificare al loro elettorato una scelta fascista non tanto per le sue conseguenze di classe, quanto per il paternalismo con il quale è stata imposta». Vie d’uscita? «Mi rendo conto che, in un paese nel quale basta una legislatura per meritarsi una pensione d’oro, il lungo periodo possa non essere un problema dei politici di destra e di sinistra. Questo spiega tanta unanimità di vedute».
TSE 2010

martedì 1 maggio 2012

L'idea di Socialismo (liberale)


 


tammaro.sebastiano
Tammaro.Sebastiano il 15/12/10 alle 18:21 via WEB
Sandro Pertini, sicuramente uno dei pochi ( statista e uomo ) come tutti noi lo conosciamo: A sempre affrontato problematiche di rilievo.Comunque tornando al l'idea di socialismo liberale Il Partito socialista, in Italia come nel resto d'Europa, intende riunire uomini e donne che, partendo da esperienze, culture e sensibilità diverse, si riconoscono in politiche riformiste, democratiche e liberali; si rivolge a tutti i cittadini senza distinzioni di genere e di orientamento sessuale, di etnia, di nazionalità e di religione e vuole dare voce a tutti coloro a cui vengono negati diritti ed interessi fondamentali

La verità


 

tammaro.sebastiano
tammaro.sebastiano il 15/12/10 alle 23:47 via WEB
La Guerra in Afghanistan  I ministri della Lega hanno scatenato una mini bufera nel governo chiedendo il ritiro delle truppe italiane dalle missioni internazionali, a cominciare dall'Afghanistan. Altri ministri hanno risposto che le missioni sono "un biglietto da visita dell'Italia nel mondo" e che l'impegno in Afghanistan è irrinunciabile. Un'idea condivisa dal momentaneo leader del PD: "I ragazzi italiani in Afghanistan devono finire il lavoro con un governo e un parlamento compatti alle loro spalle". Una frase così deve averla detta anche Cheney. D'altra parte anche il precedente governo di centrosinistra aveva rifinanziato la cosidetta "missione di pace" in Afghanistan, in realtà una situazione di guerriglia permanente che va avanti dal 2001. Il governo locale che ha sostituito i talebani, anche se fra poco dovrebbe tenere delle elezioni, non si può definire esattamente stabile, liberale o democratico. Inoltre è comunque un governo islamico tradizionalista che applica una sorta di sharia "leggera" al posto di quella pesantissima che vorrebbero i talebani. Ma per vedere in prospettiva come siamo arrivati a questo punto bisogna un attimo ripercorrere la storia dell'Afghanistan. Dal 1964 al 1978 l'Aghanistan ha avuto una costituzione liberale, prima con il regno di Zahir Shah, poi con la repubblica del suo ex primo ministro Mohammed Daoud Khan. In questo periodo bene o male ci furono riforme politiche e sociali, anche per i diritti delle donne, ma il paese rimase preda di una cronica instabilità politica e oberato da frequenti crisi economiche, nonostante l'appoggio dell'occidente, o forse a causa di esso. Nel 1978 prese il potere il partito socialista di Noor Mohammed Taraki. Sostenuto dall'Unione Sovietica, Taraki vietò l'usura, il latifondismo, il burka, i matrimoni forzati, riconobbe i diritti delle donne e i sindacati, iniziò a creare servizi sociali, una riforma agraria, promosse l'alfabetizzazione. Era probabilmente il miglior governo che l'Afghanistan avesse mai avuto, ma troppo filocomunista per i gusti degli americani. Allora il presidente Carter, democratico, decise di finanziare gruppi di guerriglieri contro Taraki. Questi guerriglieri erano in pratica signori della guerra, latifondisti delle aree tribali che si arricchivano con il commercio di droga, e avevano paura che il nuovo governo riuscisse a eliminarli, come avevano tentato invano di fare tutti i governi precedenti. Grazie all'appoggio dei leader religiosi che invitavano a combattere "gli atei comunisti", anche se il governo di Taraki non aveva in nessun modo limitato la libertà religiosa, questi banditi delle campagne potevano presentarsi come difensori dell'Islam. Il capo che gli americani scelsero di finanziare grazie al commercio di oppio con il Pakistan era Gulbuddin Hekmatyar, noto per sfigurare con l'acido le donne che violavano i precetti islamici e tagliare mani, piedi e genitali degli uomini che non gli piacevano. Taraki chiese l'aiuto dell'URSS, che però non volle intervenire per non entrare in conflitto diretto con gli Stati Uniti. Il vicepresidente filoamericano Amin però uccise Taraki e iniziò una feroce persecuzione dell'opposizione islamica, radicalizzando lo scontro. L'URSS, ritenendo Amin un uomo della CIA, invase l'Afghanistan nel 1979, occupando il paese e nominando Karmal presidente. L'amministrazione repubblicana di Reagan, nel frattempo salito al potere negli Usa, iniziò a finanziare sempre di più i combattenti islamici con l'aiuto di Osama Bin Laden, che nel 1988 fondò Al Quaida per trasformarla in un movimento di lotta fondamentalista islamica mondiale. Le truppe russe si ritirarono nel 1989, dopo 1 milione e mezzo di morti, 3 milioni di mutilati e 5 milioni di profughi, ma i russi continuarono a finanziare il governo laico del nuovo presidente Najibullah, mentre gli Stati Uniti continuavano a finanziare Bin Laden e gli islamici. Nel 1992 i movimenti di resistenza islamica presero il potere, fondando una repubblica islamica. Questa repubblica degenera ben presto in una guerra civile permanente di signori della guerra appoggiati dalla Russia, dagli Stati Uniti, dal Pakistan, dall'Iran e dall'India, con altre decine di migliaia di morti. Nel 1996 con l'aiuto degli Stati Uniti e del Pakistan il mullah talebano Omar prende il controllo di Kabul e instaura una feroce legge islamica. Vengono banditi gli aquiloni, la musica, i barbieri. Abbattutti i Buddha di Bamyan. Le donne vengono uccise per lapidazione semplicemente se osano guidare la macchina da sole. E soprattutto l'Afghanistan diventa la centrale operativa di Al Qaeda per attaccare l'occidente. Nel 2001, dopo l'11 settembre, gli americani aiutano la mai sconfitta resistenza ai talebani, l'Alleanza del Nord, che conquista Kabul dopo altri 30.000 morti. Karzai, ex consigliere della compagnia petrolifera americana Unocal e amico della CIA, diventa presidente. Il suo controllo sul paese si ferma ai dintorni della capitale. Nel resto dell'Afghanistan i signori della guerra sono sempre i padroni, a volte alleati dei talebani e volte della coalizione occidentale. Molti signori della guerra che prima combattevano gli occidentali sono poi passati dalla loro parte quando gli è stato concesso di continuare la coltivazione e il commercio di oppio. Nel 2005, alle ultime elezioni afghane, i signori della guerra hanno vinto. Intanto il governo afghano tenta spesso di stabilire tregue con i talebani e ora anche la Gran Bretagna dice che bisogna dialogare con i guerriglieri moderati, cioè quelli che si possono in qualche modo comprare. Perché in tutto questo occidentali, Pakistan e Russia si sono spartiti le notevoli risorse di gas naturale del paese. Ogni anno gli attacchi dei talebani uccidono circa 1500 civili. Quelli degli occidentali invece uccidono "per sbaglio" circa 1000 civili all'anno. Tutto questo si può chiamare missione di pace? Tutto quello che è accaduto in Afghanistan dal 1978 in poi è la conseguenza diretta delle spregiudicate e stupide manovre politiche ed economiche dell'occidente che hanno trasformato un paese che poteva lentamente progredire e modernizzarsi in un mucchio di macerie costantemente bombardato da chiunque. Per "vincere" in Afghanistan bisognerebbe fare tante cose che l'occidente non fa e forse non ha la minima intenzione di fare. Spezzare il potere dei signori della guerra, appoggiare un governo locale davvero laico e democratico, smettere di ammazzare i civili ogni santo giorno "per errore", creare le condizione per uno sviluppo economico che vada oltre il commercio di oppio, smetterla di rubare spudoratamente il gas naturale che dovrebbe appartenere agli afghani. L'opinione pubblica, occidentale e non, dovrebbe anche sapere quello che accade veramente in Afghanistan e come siamo finiti in questa situazione. Invece le televisioni raccontano che siamo lì a combattere Al Quaida, una semplificazione un pò eccessiva della situazione reale. Ma che va benissimo per vendere come "missione di pace" quella che in realtà è una vera e propria guerra per continuare a martoriare un paese dove negli ultimi 30 anni l'occidente non ha fatto una sola mossa giusta. Tammaro Sebastiano