lunedì 30 luglio 2012

Investire in Europa: una lezione dal Giappone

Il Giappone è stato il primo paese a essere colpito dall’effetto combinato di invecchiamento della popolazione, diminuzione di valore degli asset, settore bancario in difficoltà e una sequenza di risposte politiche poco efficaci.
Vi ricorda qualcosa la situazione nipponica? Dovrebbe, dato che molte di queste situazioni sono oggi riscontrabili in Europa. Perché non imparare dall’esperienza giapponese?
Anche qua, possiamo imparare dal Giappone, dove gli investitori hanno dovuto confrontarsi con tassi estremamente bassi e rapidi cicli economici sin dagli anni novanta. Guardando all’esperienza nipponica, quindi, bisognerebbe focalizzare gli investimenti su:
- società con un orientamento internazionale, piuttosto che con un approccio domestico
- società con una buona crescita dei dividendi, piuttosto che quelle con elevato dividendo
- società con un modello di business difensivo, piuttosto che quelle cicliche.
Società che presentano queste caratteristiche hanno generalmente performato meglio del mercato nel lungo periodo, sebbene soffrano nelle fasi dove il mercato beneficia della spinta dovuta alle misure straordinarie di stimolo. In conclusione, siamo entrati in una fase potenzialmente di lungo periodo dove gli investitori europei dovranno confrontarsi con bassi tassi, cicli di breve durata e ritorni esigui. I giapponesi hanno già vissuto questa situazione per almeno due decenni. Perché non imparare qualcosa da loro?

sabato 28 luglio 2012

Concorrenza sleale

la sola liberalizzazione finanziaria e monetaria ha dimostrato di essere letale. Quando i paesi membri entrarono nell’Euro, nel 1999, fissarono i tassi di cambio relativi: le economie del nord, come la Germania, aderirono con un tasso di cambio molto più basso di quello dell’Europa meridionale. Risultato: enormi squilibri a vantaggio dell’esportazione tedesca e maxi-deficit per il Sud, che il sistema finanziario europeo ha liberalizzato ha riciclato come debiti.

Questa instabile combinazione ha retto per un decennio, ma è andata in frantumi in seguito alla crisi, tutta finanziaria, del 2008: le banche europee gravate da titoli-spazzatura sono state “salvate”, ma intanto la recessione ha ridotto le entrate fiscali e gonfiato la spesa pubblica. «Questa combinazione ha fatto sì che i debiti e i deficit pubblici aumentassero a dismisura: accoppiato ai deficit nella bilancia dei pagamenti, ciò ha comportato l’impossibilità per i Piigs di far fronte alle spese». È stata quindi la crisi finanziaria, e non l’eccessiva spesa pubblica, a creare la crisi dei debiti sovrani. «La Grecia, ad esempio, in percentuale rispetto al Pil, spende meno di quanto non facciano sia Germania che Francia». A condurre i Piigs verso il default «sono stati salvataggi e recessione», non certo la loro «dissolutezza». E per Atene, la bancarotta è ormai una certezza assoluta: «Con i soli interessi che l’anno prossimo rappresenteranno il 15% del Pil, la Grecia non ha alternative al default. Il debito è inesigibile».

Finora l’Europa ha risposto con l’offerta di aiuto agli Stati in difficoltà attraverso l’acquisto da parte della Bce di titoli del debito pubblico ad alto rischio. Obiettivo dei salvataggi: assicurare che il flusso del pagamento degli interessi rimanesse costante, anche a costo di costringere le popolazioni a tagli sul welfare sempre più severi. Peccato però, che la politica di austerità finisca per danneggiare ulteriormente l’economia reale, come ben sanno le vittime della politica europea, da Dublino ad Atene. Il rigore «privilegia gli asset finanziari, fabbricando i rimborsi del debito, anziché provvedere all’occupazione». Ben consapevoli del problema, «gli eterogenei governanti d’Europa non sono stati capaci, o non hanno voluto, trovare un accordo su niente: a questo dobbiamo il fatto che ora la crisi sia così rovinosa».

Lo shock finanziario del 2008, è stato trasformato in una crisi dei debiti sovrani, che si sta a sua volta ripercuotendo sul sistema finanziario: «Il default del debito sovrano minaccia di causare il collasso finanziario, ormai inevitabile». Eppure, l’Europa va elaborando una nuova versione dello stesso rimedio, già rivelatosi fallimentare: il Fondo Europeo di Stabilità, cassaforte da 400 miliardi creata per sostenere i Piigs, è stata ora gonfiata fino a 2.000 miliardi, sperando di «calmare il panico sui mercati mentre si negozia il taglio del debito pubblico greco cioè ristrutturarlo in modo da disinnescare la crisi». Ma, difficilmente il piano funzionerà: non c’è la garanzia che disposizione, il rigore deprimerà ulteriormente economie e società, mentre l’effetto a catena del default greco renderebbe insufficienti anche quei 2.000 miliardi. Unica soluzione: controllare i flussi di capitale e cancellare la politica di austerità che finirà per portare al collasso le società europee, dalla Grecia in su.

TSE

mercoledì 25 luglio 2012

BOLLA U.S.A




LA PRIMA BOLLA STATUNITENSE SI VERIFICO NELL ANNO 1929 CREATASI PER AVER DATO FIDUCIA AI PRESTITI ACCESI CON CREDITI DELLE PICCOLE BANCHE. CON L’ELEZIONE DI ROSVEELD NEL 1930 SI ATTUO UNA POLITICA DI RISANAMENTO CON I VARI INTERVENTI STATALI LA
NEW DEEL, ALL’ATTUALE SITUAZIONE DI CRISI, IL GOVERNO FECE PRESENTE AI DEBITORI, QUALI PAESI DELL’EUROPA, DI VOLER RIENTRARE DEI PRESTITI ELARGITI DURANTE LA 1° GUERRA MONDIALE PER ACQUISTI DI MATERIALE ED ARMAMENTO BELLICO.

IL PRESIDENTE ROSVEELD EBBE FIDUCIA DEL PAESE, PER POTER CONTINUARE A GOVERNARE, VISTO CHE LA SUA POLITICA FU EFFICACE AD RAGGIRARE IN PARTE LA CRISI.

Nel 2008 quello che è successo nella macroeconomia americana, anche con l
apporto incontrastato di una globalizzazione in genere liberista economica, nell’interesse di dare una lubrificata alleconomia nazionale da la possibilità a tutti coloro che ne avessero l’intenzione di indebitarsi, comprando una casa, in un mercato fiorente in una politica di adeguamento e libertà sociale, con finanziamenti al 100% a persone che risultavano sotto il livello minimo ( subprime ) e che a distanza di poco tempo con l‘andamento del mercato immobiliare americano le case si sarebbero rivalutate del 30% quindi se compravi una casa da 100.000 doll. a distanza ne valeva 130.000 doll. (con rate inizialmente basse e poi via via incominciano ad aumentare) Cosi comincia questa catastrofe di indebitamento delle famiglie, con tassi d’interessi molto bassi quasi ad 1%,. La banca che erogava il prestito tramite l’ufficio finanziamenti che applicavano il benestare del finanziamento, riscuotevano un interesse per ogni apertura di credito, cosi nel momento in cui il tutto andava in porto, attivavano il trucco ( chiamiamolo con un eufenismo leggero ) una manomissione sulle regole del prestito dalla feed Reevers e sulla vigilanza che ne determina il massimo dei prestiti erogabili in funzione dei depositi alla fine di non ottemperare alla soglia prestabilita del credito al consumo, con una strategica titolarizzazzione del patrimonio portano fuori dal bilancio tutti debiti in esubero,in parole povere falsificavano i bilanci societari cosi potevano nuovamente prestare denaro. Ma a distanza di un anno i prezzi delle case cominciano a scendere, quindi si ci trova a pagare una casa deprezzata dal mercato immobiliare e cosi partono le insolvenze dei mutui subsprise, cioè quei prestiti a rischio, e incomincia l’effetto domino bancario assicurativo ecc. Quindi la banca cartoralizza i mutui in meccanismi chiamati CDO derivati obbligazioni bancarie, esse vengono vendute ad altre banche, che nel frattempo li metteva a disposizione dei risparmiatori nella forma usuale, quale investimento fondi, polizze, fondi di fondi e quindi immesse nel mercato finanziario, come strumenti finanziari, ma siccome sono titoli insolventi legati ai mutui subprime questi non vengono rimborsati per insolvenza dagl’immobili legati alle ipoteche. Chi ha acquistato quei bond titoli tossici finisce in default anche se le agenzie di raeting essendo a conoscenza di quello che stava accadendo avevano espresso titolo favorevole sui quei titoli essendo stati cartoralizzati. Nel momento dei rimborsi si incomincia a trasparire l’effetto domino, le banche perdono la fiducia tra loro e quelle più esposte ne pagano le conseguenze ( fallimento per mancanza di liquidità ) Nel demerito di busch, accade che i risparmiatori colpiti da questa ondata di titoli tossici, non ha fatto nulla in loro riguardo, non ha messo a loro disposizione i diritti degli ammortizzatori sociali, quali il congelamenti dei propri mutui per quel periodo, in questo modo non a fatto altro che queste persone non hanno potuto fare altro che chiedere la banca rotta.

domenica 22 luglio 2012

Un economista «si vergogna» di aver lavorato per l’FMI

Peter Doyle se ne è andato dopo 20 anni, con una durissima lettera di dimissioni in cui se la prende con la dirigenza e con Lagarde
Peter Doyle, un economista che ha lavorato per vent’anni al Fondo Monetario Internazionale (FMI), si è dimesso con una lettera in cui ha detto di “vergognarsi di aver lavorato per l’FMI”. Secondo Doyle il Fondo ha fallito perché ha tardato a comunicare i primi segni della crisi dell’Euro. La “criticità” dei “lunghi processi decisionali europei” era stata compresa molto in anticipo, scrive Doyle, ma successivamente mai comunicata.
Dopo alcuni ringraziamenti, la lettera apre la parte in cui spiega le motivazioni del proprio gesto in modo molto duro:
Dopo vent’anni di servizio, mi vergogno di aver avuto qualsiasi rapporto con il Fondo. Questo non solo per l’incompetenza che è stata parzialmente raccontata dal rapporto dell’OIA sulla crisi globale e dal rapporto del TSR sul monitoraggio prima della crisi dell’euro. Ancora di più, mi vergogno perché le difficoltà sostanziali in queste crisi, come in altre, sono state individuate ben in anticipo, ma qui sono state nascoste.
Doyle è stato consigliere del Dipartimento europeo del Fondo, quello che si sta occupando dei piani di salvataggio di Grecia, Portogallo e Irlanda. Le sue dimissioni risalgono a un mese fa, ma le sue motivazioni e la sua dura critica all’intera struttura sono state rese pubbliche solo ieri, dopo che la CNN è entrata in possesso della lettera (datata 18 giugno). Secondo quanto ha scritto il Wall Street Journal, Doyle è stato capo divisione nell’organizzazione finanziaria, responsabile per i paesi non in stato di crisi, ma ha cambiato mansione dopo la nomina di un nuovo direttore della sezione europea, che ha ristrutturato il dipartimento. Il WSJ aggiunge che oggi Doyle è ancora un consulente del Fondo, che dovrebbe lasciare ufficialmente il prossimo autunno.
Il Fondo Monetario Internazionale è una delle grandi organizzazioni internazionali che furono create nel 1944 con il trattato di Bretton Woods (un accordo per mettere ordine nell’economia e nella finanza mondiale dopo la Seconda Guerra Mondiale). Lo scopo dell’FMI era, ed è tutt’ora, quello di intervenire finanziando i paesi con difficoltà di bilancio (come Grecia, Irlanda e Portogallo). L’altra grande organizzazione creata fu la Banca Mondiale che invece si occupava di finanziare investimenti nei paesi in via di sviluppo.
Il denaro che usano queste due organizzazioni viene versato dai vari stati. Come in una società per azioni, chi versa di più ha più “voti” quando si deve nominare la dirigenza. Attualmente gli stati dell’Europa occidentale e gli Stati Uniti detengono il controllo di entrambe le organizzazioni. Tradizionalmente il direttore dell’FMI è europeo mentre quello della Banca Mondiale è statunitense.
Su questo aspetto si concentrano le critiche più dure di Doyle. Negli ultimi dieci anni, scrive, le nomine dei direttori del fondo sono state “disastrose”. Questo a causa della bilateralità (cioé l’accordo Usa-Europa) che esclude tutti gli altri paesi. Anche l’attuale direttrice, Christine Lagarde, scrive Doyle senza nominarla, è “contaminata”, perché “né il suo sesso, né la sua integrità, né il suo slancio” possono cambiare la “fondamentale illegittimità della sua nomina”, cioè il fatto che sia stata nominata da Stati Uniti ed Europa senza consultare gli altri paesi.
foto: Alex Wong/Getty Images