mercoledì 15 agosto 2012

Rischio d'impresa

"Esempio di ditta individuale con un unico dipendente. Nel caso della ricerca della Cgia di Mestre si trattava nello specifico di un installatore di impianti che lavora in proprio. Su un reddito annuo di 29.321 euro il totale versato in tasse ammonta a 15.849 euro. Le voci nel dettaglio prevedono:
contributi previdenziali 5.845
IRPEF 5.135
addizionali IRPEF 364
IRAP 1.334
IMU 1378
INAIL 482
CCIAA 88
bollo furgone 146
imposta / tariffa sulla PUBBLICITA' 81
TASSA / TARIFFA rifiuti 997
a queste si devono aggiungere l'Iva che devi pagare in anticipo anche se non la incassi! ...anche l'irpef e addizionali li paghi in anticipo! e se non rispetti gli studi di settore ti arriva un accertamento "induttivo" e sta a te dimostrare che hai ragione! Fare gli imprenditori in Italia è molto rischioso!". Roberto B.

venerdì 3 agosto 2012

Se Draghi salva l’euro, firma la nostra condanna

Colpo di scena: la Bce potrebbe improvvisamente finanziare il Mes, il dispositivo salva-Stati creato a Bruxelles, per sostenere all’infinito i debiti sovrani ed evitare il collasso dell’euro, cioè la gallina delle uova d’oro per la grande finanza tedesca e francese. La notizia ha cominciato a circolare dal 26 luglio: a Londra, Mario Draghi ha annunciato che la banca centrale europea aprirà i rubinetti. E il governatore della banca centrale austriaca, Ewald Nowotny, già da giorni aveva dichiarato che si sta discutendo se dare una vera e propria licenza bancaria al Mes, il Fondo salva-Stati destinato a vincolare per sempre la finanza pubblica dell’Eurozona al regime non democratico instaurato dall’oligarchia tecnocratica di Bruxelles, padrona assoluta dell’economia europea che agonizza in piena crisi, mentre volano i profitti stellari della maxi-speculazione delle banche d’affari.
Paolo Barnard «Urlai che Mario Draghi era un golpista perché aveva omesso scientemente di usare i poteri della Bce di calmare la speculazione contro titoli di Stato italiani, comprandoli in massa», ricorda Paolo Barnard, evocando la sua celebre apparizione del 15 novembre 2011 al programma “Matrix”, su Canale 5. «Era la speculazione che pochi giorni prima aveva rovesciato il governo e instaurato la dittatura finanziaria della Troika e di Monti: se si comprano grandi quantità di titoli i tassi crollano, l’Italia non sarebbe arrivata sull’orlo del default in quei giorni, e Monti non sarebbe neppure stato citato». Nell’info-talk televisivo, a Barnard fu risposto con sufficienza che Draghi non avrebbe potuto, che la Bce non può mai comprare titoli di Stato per aiutare i governi. «Risposi che era una menzogna,  osserva Barnard nel suo blog  e citai il programma Smp Bonds Purchases della Bce che dà ad essa potere di acquistare titoli». Draghi però non lo fece, e così «condannò l’Italia a cadere nelle mani del criminale Monti».
DraghiPer Barnard, Draghi è «un’oscenità vivente», perché «oggi si ricorda di colpo che quel programma Smp dopotutto c’è e lo userà, eccome: ma non per salvare la democrazia di un paese, bensì per assicurarsi che essa venga del tutto annientata». L’ex giornalista di “Report” non ha dubbi: «Adesso siamo veramente fottuti». Cos’è accaduto? Presto detto: i “mercati” continuano a sfiduciare l’Italia «solo perché abbiamo perso la capacità di emettere la nostra moneta sovrana». Gli “investitori” sanno cioè che, con l’euro, «non possiamo ripagare sempre e puntuali il nostro debito», dato che la moneta comune europea non è liberamente emessa dall’Italia, che la deve prendere in prestito dalle banche. Di qui il timore che l’Italia faccia default sui pagamenti: «Dunque ci sfiduciano in una spirale verso il basso man mano che ci indebitiamo, ma è proprio questa spirale che ci porta al default sta  portando l’Italia e la Spagna al default entro pochi giorni o settimane».
Sarebbe stata la fine dell’Eurozona, in una implosione epocale e mai così devastante nella storia, ma attenzione: «Devastante per Francia e Germania, non per noi». Ecco il punto: «Mario Draghi sa questo, e non può fare altro se non eseguire gli ordini di Angela Merkel e di François Hollande: salva l’euro a qualsiasi costo». L’ex signor-no di Francoforte di punto in bianco “riscopre” il programma Smp Bonds Purchases della Bce, che dà alla banca centrale europea il potere decisivo di acquistare i titoli di Stato dei paesi nei guai. Questa è la verità che si nasconde dietro quel «cavillo legal-semantico» a cui Draghi ricorre per giustificare ciò che solo 8 mesi fa era “da escludersi”. E attenzione: i “mercati” non si sarebbero mai placati, oggi, se non sapessero che la Bce è l’emissore sovrano dell’euro, e quindi può in effetti comprare titoli quasi all’infinito. Solo grazie a questa garanzia, i “mercati” si calmeranno.
Merkel e HollandeLa chiave di volta? L’ipotesi che la Bce si decida davvero a finanziare il Mes, il Meccanismo Europeo di Stabilità, che attualmente non dispone di molto denaro: «Pensate che un salvataggio dell’Italia azzererebbe le casse del Mes in meno di 3 mesi», puntualizza Barnard. E allora cosa fanno trapelare i banchieri centrali della Ue? Che il Mes potrebbe essere trasformato in banca. E cosa significa? «In breve: che se diventa banca, avrà il sostegno illimitato dei finanziamenti della Bce, che è l’emissore illimitato degli euro, e quindi il Mes potrà comprare enormi quantità di titoli di Stato dei Paesi come il nostro, di fatto garantendo ai “mercati” che, di nuovo, esiste un pagatore dei loro crediti (i titoli nostri e spagnoli) senza limiti. Il trucco è fatto. I mercati si calmano». Buone notizie? Al contrario, per Barnard sarà la catastrofe definitiva: «Significa che Italia, Spagna e Grecia staranno dentro l’Eurozona, perché con i “mercati” calmi, e coi tassi sui titoli che scendono dal 7% al 4%, il default è scongiurato». L’euro sopravvive, e con esso la “dittatura finanziaria” che comporta, con l’eclissi totale della nostra sovranità: «Come dire: il fiume sarebbe straripato e avrebbe allagato la galera permettendo ai prigionieri politici asserragliati sul tetto e stremati di fame e sete di nuotare verso la libertà. Ma no. Hanno arginato il fiume apposta».
Per Barnard, il salvataggio artificiale dell’euro, ottenuto ad ogni costo, «significa che ci terranno dentro la macchina dell’economicidio della nostra terra, bloccati in un limbo infame dove da una parte non cresceremo mai perché sempre privi di moneta sovrana, sempre schiavi di tecnocrati non eletti, sempre comunque ricattati dal fatto che ogni centesimo per l’Italia va preso in prestito dalle banche speculative, e dall’altra proprio questa perenne e cementata precarietà e impoverimento saranno la scusa per imporci le “austerità” a stipendi, pensioni e servizi che ammazzano le imprese», senza contare «le privatizzazioni selvagge di ogni bene e servizio pubblico residuo». Tutto questo, «per impedirci di respirare nella crescita, e dunque di agire la democrazia». E quindi, testualmente: «Siamo nella merda, non ci sono altre parole, davvero. Se Draghi apre i rubinetti del programma Smp Bonds Purchases e se il Mes diventa banca è finita, è finita per i vostri figli, è finita per tutto ciò che conoscemmo come Stato. E’ finita per l’Italia». Speranze che il meccanismo si inceppi? Forse la Corte Costituzionale tedesca potrebbe bocciare il Mes a settembre, ma «è come sperare che il killer che ti deve ammazzare venga colto da ictus mentre aziona il grilletto

Macché debito, è la finanza-ombra che ha rapinato lo Stato

Il 20 luglio la Camera ha approvato il “Patto fiscale”, trattato Ue che impone di ridurre il debito pubblico al 60% del Pil in vent’anni. Comporterà per l’Italia una riduzione del debito di una cinquantina di miliardi l’anno, dal 2013 al 2032. Una cifra mostruosa che lascia aperte due sole possibilità: o il patto non viene rispettato, o condanna il Paese a una generazione di povertà. Approvando senza un minimo di discussione il testo, la maggioranza parlamentare ha però fatto anche di peggio. Ha impresso il sigillo della massima istituzione della democrazia a una interpretazione del tutto errata della crisi iniziata nel 2007, quella della vulgata che vede le sue cause nell’eccesso di spesa dello Stato, soprattutto della spesa sociale. In realtà le cause della crisi sono da ricercarsi nel sistema finanziario, cosa di cui nessuno dubitava sino agli inizi del 2010.

Da quel momento in poi ha avuto inizio l’operazione che un analista tedesco ha definito il più grande successo di relazioni pubbliche di tutti i tempi: la crisi nata dalle banche è stata mascherata da crisi del debito pubblico. In sintesi la crisi è nata dal fatto che le banche Ue (come si continuano a chiamare, benché molte siano conglomerati finanziari formati da centinaia di società, tra le quali vi sono anche delle banche) sono gravate da una montagna di debiti e di crediti, di cui nessuno riesce a stabilire l’esatto ammontare né il rischio di insolvenza. Ciò avviene perché al pari delle consorelle Usa esse hanno creato, con l’aiuto dei governi e della legislazione, una gigantesca finanza ombra”, un sistema finanziario parallelo i cui attivi e passivi non sono registrati in bilancio, per cui nessuno riesce a capire dove esattamente siano collocati né a misurarne il valore.

La finanza ombra” è formata da varie entità che operano come banche senza esserlo. Molti sono fondi: monetari, speculativi, di investimento, immobiliari. Il maggior pilastro di essa sono però le società di scopo create dalle banche stesse, chiamate veicoli di investimento strutturato (acronimo Siv) o veicoli per scopi speciali (Spv) e simili. Il nome di veicoli è quanto mai appropriato, perché essi servono anzitutto a trasportare fuori bilancio i crediti concessi da una banca, in modo che essa possa immediatamente concederne altri per ricavarne un utile. Infatti, quando una banca concede un prestito, deve versare una quota a titolo di riserva alla banca centrale (la Bce per i paesi Ue). Accade però che se continua a concedere prestiti, ad un certo punto le mancano i capitali da versare come riserva. Ecco allora la grande trovata: i crediti vengono trasformati in un titolo commerciale, venduti in tale forma a un Siv creato dalla stessa banca, e tolti dal bilancio. Con ciò la banca può ricominciare a concedere, invece di aspettare anni come avviene ad esempio con un mutuo.

Mediante tale dispositivo, riprodotto in centinaia di esemplari dalle maggiori banche Usa e Ue, spesso collocati in paradisi fiscali, esse hanno concesso a famiglie, imprese ed enti finanziari trilioni di dollari e di euro che le loro riserve, o il loro capitale proprio, non avrebbero mai permesso loro di concedere. Creando così rischi gravi per l’intero sistema finanziario. I Siv o Spv presentano infatti vari inconvenienti. Anzitutto, mentre gestiscono decine di miliardi, comprando crediti dalle banche e rivendendoli in forma strutturata a investitori istituzionali, hanno una consistenza economica ed organizzativa irrisoria. Come notavano già nel 2006 due economisti americani, G. B. Gorton e N. S. Souleles, «i Spv sono essenzialmente società robot che non hanno dipendenti, non prendono decisioni economiche di rilievo, né hanno una collocazione fisica».

Uno dei casi esemplari citati nella letteratura sulla finanza ombra” è il Rhineland Funding, un Spv creato dalla banca tedesca Ikb, che nel 2007 aveva un capitale proprio di 500 (cinquecento) dollari e gestiva un portafoglio di crediti cartolarizzati di 13 miliardi di euro. L’esilità strutturale dei Siv o Spv comporta che la separazione categorica tra responsabilità della banca sponsor, che dovrebbe essere totale, sia in realtà insostenibile. A ciò si aggiunge il problema della disparità dei periodi di scadenza dei titoli comprati dalla banca sponsor e di quelli emessi dal veicolo per finanziare l’acquisto. Se i primi, per dire, hanno una scadenza media di 5 anni, ed i secondi una di 60 giorni, il veicolo interessato deve infallibilmente rinnovare i prestiti contratti, cioè i titoli emessi, per trenta volte di seguito. In gran numero di casi, dal 2007 in poi, tale acrobazia non è riuscita, ed i debiti di miliardi dei Siv sono risaliti con estrema rapidità alle banche sponsor.

La finanza ombra” è stata una delle cause determinanti della crisi finanziaria esplosa nel 2007. In Usa essa è discussa e studiata fin dall’estate di quell’anno. Nella Ue sembrano essersi svegliati pochi mesi fa. Un rapporto del Financial Stability Board dell’ottobre 2011 stimava la sua consistenza nel 2010 in 60 trilioni di dollari, di cui circa 25 in Usa e altrettanti in cinque paesi europei: Francia, Germania, Italia, Olanda e Spagna. La cifra si suppone corrisponda alla metà di tutti gli attivi dell’eurozona. Il rapporto, arditamente, raccomandava di mappare i differenti tipi di intermediari finanziari che non sono banche. Un green paper della Commissione europea del marzo 2012 precisa che si stanno esaminando regole di consolidamento delle entità della finanza ombra” in modo da assoggettarle alle regole dell’accordo interbancario Basilea 3 (portare in bilancio i capitali delle banche che ora non vi figurano). A metà giugno il ministro italiano dell’Economia – cioè Mario Monti – commentava il green paper: «È importante condurre una riflessione sugli effetti generali dei vari tipi di regolazione attraverso settori e mercati e delle loro potenziali conseguenze inattese».

Sono passati cinque anni dallo scoppio della crisi. Nella sua genesi le banche europee hanno avuto un ruolo di primissimo piano a causa delle acrobazie finanziarie in cui si sono impegnate, emulando e in certi casi superando quelle americane. Ogni tanto qualche acrobata cade rovinosamente a terra; tra gli ultimi, come noto, vi sono state grandi banche spagnole. Frattanto in pochi mesi i governi europei hanno tagliato pensioni, salari, fondi per l’istruzione e la sanità, personale della Pa, adducendo a motivo l’inaridimento dei bilanci pubblici. Che è reale, ma è dovuto principalmente ai 4 trilioni di euro spesi o impegnati nella Ue al fine di salvare gli enti finanziari: parola di José Manuel Barroso. Per contro, in tema di riforma del sistema finanziario essi si limitano a raccomandare, esaminare e riflettere. Tra l’errore della diagnosi, i rimedi peggiori del male e l’inanità della politica, l’uscita dalla crisi rimane lontana.

(Luciano Gallino, “La lettura sbagliata della crisi”, da “La Repubblica” del 30 luglio 2012, ripreso da “Micromega”).