venerdì 30 settembre 2011

Contratto di lavoro a tempo determinato

Per la stipula di un contratto a termine (disciplinato dal D. Lgs. del 06.09.2001, n.368) sono necessarie alcune condizioni, senza le quali la clausola appositiva del termine deve considerarsi nulla con conseguente trasformazione del contratto in contratto a tempo indeterminato.

Il contratto a termine, se di durata superiore a 12 giorni, deve essere stipulato in forma scritta, prima o contestualmente all'inizio della prestazione lavorativa. Il termine può essere indicato in modo preciso o indirettamente (c.d. termine elastico: se la data è connessa ad un evento che si verificherà sicuramente ma non si sa esattamente quando, ad esempio al rientro di una lavoratrice in maternità o al compimento di un'opera o servizio).

Non esistono delle limitazioni a priori alla durata del contratto, ma il termine deve essere pattuito in modo coerente con la concreta ragione di assunzione dedotta nel contratto all'atto della sua stipulazione.

Le ragioni giustificatrici devono essere specificate in modo dettagliato, come ad esempio, l'acquisizione di specifiche commesse o la necessità di procedere ad operazioni di manutenzione ordinaria o straordinaria, di accelerare i ritmi di produzione in vista della scadenza di un termine di consegna di una determinata commessa, ect.

Ad ogni modo, al datore di lavoro è comunque vietato assumere a termine lavoratori presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, nei sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi di lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che gli accordi sindacali dispongano diversamente; il contratto sia stato concluso per sostituire lavoratori assenti o inserire i lavoratori in mobilità; il contratto abbia durata iniziale inferiore a tre mesi.

Inoltre, è vietata l'assunzione a tempo determinato per le aziende nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o riduzione dell'orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a termine; per le aziende che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in materia di igiene e sicurezza sul lavoro.

Con il decorso del termine il rapporto di lavoro cessa automaticamente. A determinate condizioni, tuttavia, è possibile che il rapporto prosegua di fatto per un breve periodo di tempo (proroga) o che le parti si accordino per la stipulazione di una proroga del contratto iniziale o di un contratto a termine.

Nel caso in cui il rapporto di lavoro sia cessato al momento del termine illegittimamente pattuito o prorogato, il lavoratore che voglia far accertare la trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato può agire, a secondo dei casi, con azione di nullità parziale del contratto di illegittimità del licenziamento.

Proroga del contratto

La proroga è consentita se, anteriormente o contestualmente alla scadenza del termine, si sono verificate delle ragioni oggettive, anche prevedibili e diverse da quelle del contratto iniziale, che giustifichino la necessità di prolungare il contratto.

Il lavoratore dovrà in ogni caso continuare a svolgere la stessa attività lavorativa per Trasformazione a tempo indeterminato

Decorso il termine inizialmente fissato o quello prorogato, il datore di lavoro può continuare ad usufruire della prestazione del lavoratore per un breve periodo di tempo, senza che sia stipulato alcun accordo formale in tal senso, a condizione che la prestazione lavorativa sia compensata con una maggiorazione.

La proroga può avere una durata massima di: 30 giorni per i contratti di durata iniziale pari o superiore a sei mesi; 20 giorni per quelli inferiori a sei mesi.

Nell'ipotesi in cui il rapporto di lavoro dovesse proseguire di fatto oltre detti limiti di durata, il contratto si considera a tempo indeterminato a partire dal primo giorno di superamento del limite.

La stipulazione tra le medesime parti di più contratti a termine successivi è possibile a condizione che, tra la fine del precedente contratto e l'inizio del nuovo, trascorra un intervallo minimo di 20 giorni se il contratto scaduto aveva una durata superiore a sei mesi; 10 giorni per i contratti di durata pari o inferiore a sei mesi.

Se l'intervallo tra un contratto e l'altro è inferiore al periodo minimo fissato dalla legge, il contratto successivo si considera a tempo indeterminato; se, invece, il contratto a termine successivo è stipulato senza soluzione di continuità rispetto al precedente, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato fin dalla data di stipulazione del primo contratto.

Il rispetto dell'intervallo minimo è l'unica condizione che deve essere rispettata nel caso in cui tali contratti siano conclusi per lo svolgimento di mansioni diverse.

Qualora, invece, il contratto successivo sia concluso per lo svolgimento di mansioni equivalenti a quelle previste dal precedente, la durata complessiva del rapporto non può superare i 36 mesi. Ai fini del computo dei 36 mesi, devono essere conteggiati tutti i periodi di lavoro effettivo svolti tra le parti, prescindendo, quindi, dai periodi di interruzione intercorsi tra la cessazione del precedente rapporto di lavoro e l'instaurazione di quello successivo. Il superamento del limite dei 36 mesi comporta la trasformazione dell'ultimo contratto a termine in contratto a tempo indeterminato.

Allo scadere dei 36 mesi è possibile stipulare un ulteriore contratto a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti purché siano rispettate le seguenti condizioni: durata del contratto pari o inferiore a otto mesi o alla maggiore durata eventualmente fissata dal CCNL; stipula presso la DPL e con l'assistenza un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato.

Il lavoratore e il datore di lavoro possono, in ipotesi di particolare gravità, recedere dal contratto prima della scadenza del termine. Il recesso può comportare, però, degli obblighi risarcitori in capo ad entrambe le parti.

È possibile che le parti decidano di recedere consensualmente dal contratto di lavoro: in questi casi il datore di lavoro è tenuto a comunicare la cessazione del rapporto al Centro per l'impiego competente entro 5 giorni dalla risoluzione del contratto di lavoro.

Il lavoratore può recedere dal contratto di lavoro a termine, prima della scadenza e senza preavviso, solo in presenza di una giusta causa, vale a dire di un fatto imputabile alla condotta del datore che non consenta la prosecuzione del rapporto. Al lavoratore spetta il risarcimento del danno nella misura della retribuzione che avrebbe percepito se il contratto avesse avuto la durata previsto.

Il datore di lavoro può recedere dal contratto di lavoro a termine, prima della scadenza e senza preavviso, in due ipotesi: giusta causa, o impossibilità sopravvenuta.

Per giusta causa si intende la presenza di un fatto imputabile alla condotta del lavoratore di gravità tale da rendere impossibile, neppure provvisoriamente, la prosecuzione del rapporto. Per impossibilità sopravvenuta si intende il verificasi di un evento che, pur se prevedibile, non era evitabile.

Ad esempio, è stato considerato legittimo licenziamento per impossibilità sopravvenuta il caso di un direttore generale di una società, costituita tra quattro istituti bancari con fine di realizzare una gestione unificata delle partecipazioni, che è stato licenziato a fronte del fatto sopravvenuto (costituito dalla uscita della società del più importante degli istituti bancari) che aveva impedito la realizzazione del piano industriale (Cass. 3 agosto 2004, n. 14871).

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